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Matrimoni forzati– Quando “fin che morte non vi separi” diviene una liberazione

"Le donne appartengono a tutti i luoghi in cui vengono prese le decisioni.

Non dovrebbero essere l'eccezione."

Ruth Bader Ginsburg


Per la “dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” si considera un matrimonio “concluso” un matrimonio in cui vige il pieno e libero consenso tra i novelli coniugi. Scontato e banale, penserete, nel 2022 dover specificare l’esistenza di un “consenso”. Se si parla di “matrimoni combinati” la nostra mente vola subito verso quei matrimoni di casate nobili/regali lette sui libri di storia, verso quelle pratiche svolte in passato per non disperdere il “patrimonio”, per mantenere in vita una “casata”. Assolutamente nulla di più errato. Viviamo silentemente questo atroce assalto alla libertà, purtroppo, le cronache ne parlano soltanto quando è ormai troppo tardi, quando per la donna, liberarsi da questo vincolo imposto sembra soltanto un’utopia. In Italia l’articolo 558-bis del Codice penale punisce chi “costringe” a contrarre un’unione forzata con modalità coattive che si concretizzano in un ventaglio di minacce e violenze, con una pena fino a 5 anni di reclusione. Vige l’aggravante dell’età, perché sì , si parla di “spose bambine”. Le vittime, secondo i dati , sono donne in media tra i 14 e i 17 anni; i carnefici condannati sono quasi sempre uomini tra i 25 e i 54 anni, spesso i parenti delle vittime. Eppure, i dati, non sono del tutto veritieri, perché tacere è la norma, le vittime sono quasi sempre costrette a lasciare le scuole, spariscono dai radar.


Vengono rapite, a volte addirittura espatriate dalle loro stesse famiglie, private della libertà personale, tenute separate da un mondo che inneggia ai loro diritti, temono per la loro vita e per la vita dei loro cari, non denunciano. Ribellarsi equivale ad un suicidio sociale, verrebbero ripudiate dalla loro famiglia d’origine. Purtroppo, non solo sociale, a volte , ribellarsi consiste in un vero e proprio suicidio. L’unico modo visto di ripulirsi da tale onta è uccidere letteralmente chi ha messo in quella condizione di disonore la famiglia. Esistono articoli simili in tutti i codici penali europei, perché oggi, in Europa, esiste anche la piaga del “trasferimento da o per l’estero” in nome di tale atrocità.


Vitale è sottolineare che tale barbaria non è disciplinata né incentivata da nessun Testo Sacro. Non è la Religione a imporlo, nessun Dio lo chiede, è “solo” la mano sporca di uomini a invischiarsene. Vige un podestà paterna ingiustificata, nella “wilayah”(una legge) è il capo famiglia a decidere della vita delle proprie figlie, le donne devono essere rappresentate da un uomo, sono considerate incapaci di poterlo fare in autonomia sia a livello decisionale , sia a livello giuridico. L’uomo che le ha generate ha il diritto/dovere di rappresentarle legalmente e di decidere cosa è meglio. Si inneggia al preservare la cultura o la religione di appartenenza, si inneggia al tutelare la propria famiglia da un matrimonio “impuro”, misto. Lo si sceglie per stringere legami tra famiglie considerate “degne” e per tutelare/far lievitare il patrimonio. C’è chi vende/compra il corpo e l’anima di una donna per acquisire il diritto alla cittadinanza.

Eppure , nonostante , ad esempio, nel 1993 in Marocco, nel 1959 in Iraq, nel 2005 in Arabia Saudita, solo per citare qualche stato africano, tale “usanza” è stata considerata illegale, tali inqualificabili usanze continuano a esistere. Il consenso delle donne viene inteso come una “mera formalità” per via dei vincoli sociali.

Non consideriamolo una forma di ribellione verso una cultura desueta lottare contro tale pratica, ma consideriamolo ribellarsi contro una infame forma di violenza verso le donne, verso l’amore, per la libertà. Vitale è intrecciare una rete di prevenzione e di interventi mirati alla sensibilizzazione e di formazione che consentirebbe di intercettare le situazioni a rischio e di creare un iter volto alla protezione delle vittime. Integrazione è la parola chiave.


Sitografia

https://www.quotidiano.net/cronaca/matrimoni-combinati-italia-1.6533712


Articolo a cura della Dott.ssa Zampetti Teresa

Laureata in Psicologia Clinica e della Salute

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