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Insicurezza Patologica - Rifiutato da se stesso

L’insicurezza è una condizione emotiva insita nell'uomo da sempre. Come ogni pensiero e vissuto esistente nella vasta gamma emotiva dell’essere umano, anche l’insicurezza adempie ad una funzione ben precisa, rientrando in una sfera cognitiva più evoluta. Ci permette infatti di metterci in discussione e, dunque, evolverci e liberarci da quegli aspetti di noi disfunzionali e immaturi. Non a caso persone definite “troppo sicure di sé” sono caratterizzate da una rigidità mentale che non gli permetterà di maturare bensì di assumere un comportamento prevaricatore nei confronti dell’altro, nel tentativo di far valere i propri pensieri e concetti immaturi. L’insicurezza però può strutturarsi in maniera persistente e pervasiva nella mente di una persona, creando un forte senso di stress e malessere interiore, congiuntamente ad un blocco dell’evoluzione del sé, dovuto alla perenne convinzione di fare la cosa sbagliata al momento sbagliato. Questa tipologia di insicurezza la possiamo ritrovare con lievi intensità nelle persone con un sé strutturato e in maniera predominante in individui con un sé non completamente definito.

Per “Sé” intendiamo quella totalità psichica propria dell'individuo che si sviluppa e si consolida in funzione dell'Io ed emerge tramite il riconoscimento empatico dell'altro, diverso dal Sé; in altre parole è la consapevolezza di sentirsi Sé, con le proprie caratteristiche, e riconoscere gli altri come persone diverse da sé sia nel concreto che nelle relazioni. Il sé e l’autostima si costituiscono attraverso l’amore ricevuto dai propri caregiver, in quanto il bambino comprende che lui è una persona degna di essere amata tanto quanto è stata amata dal mondo. Quando l’amore ricevuto è insufficiente o condizionato da scelte della madre o del padre, il bambino percepirà di non essere una persona degna di essere amata e dunque di non valere abbastanza. Ci basti pensare a quei genitori che screditano i propri figli, sostenendo che fin dalle elementari era un “ciuccio” a scuola, anziché aiutarlo a cercare di far fuoriuscire le sue capacità e il suo valore interiore. L’insicurezza patologica è possibile riscontrarla, quindi, in tutti quegli individui con disturbi di personalità:

Nel disturbo istrionico di personalità l’individuo non avendo un sé strutturato ne tanto meno una propria identità, utilizza la recitazione e la teatralità per crearsi una maschera all’esterno attraverso cui relazionarsi e far credere di avere, anch’egli, una propria identità e immagine di sé sicura. La recitazione è funzionale per mascherare la propria insicurezza patologica, permettendogli di non essere genuino, dicendo e facendo ciò che pensa, ma comportandosi come una persona idealizzata da se stessa.

La persona con disturbo narcisistico di personalità è, probabilmente, la persona più insicura tra i vari disturbi di personalità. Il proprio sé è profondamente ferito e la convinzione di non valere nulla è radicata dentro di lui. Nel processo di crescita, l’unica soluzione che trova il narcisista è quello di creare un falso sé opposto al vero sé, e dunque ipersicuro, spavaldo e prevaricatore. La manipolazione del narcisista è funzionale al suo tentativo di tenere tutte le persone che lo circondano sotto il suo controllo e farsi costantemente adulare da quest’ultimi per poter accrescere la stima del suo falso sé. Il falso sé prende il posto del vero sé che, col tempo si “atrofizza”, provocando un peggioramento psichico nel disturbo narcisistico, caratterizzato da una confusione emotiva e cognitiva e una mancanza di empatia. Un fallimento per una personalità narcisistica potrebbe provocarle una depressione con rischio suicidario.

Nella personalità borderline l’insicurezza patologica si evince nelle relazioni con l’altro e con la continua convinzione che sarà ingannato e abbandonato dal prossimo.

La personalità dipendente invece esprime la propria insicurezza patologica nell’emulazione dell’altro, idealizzato e posto come proprio sé ideale da sostituire a se stesso. Il legame con l’altro diventa fusionale e dipendente proprio perché è l’altro a permettergli di avere un’identità ed un sé accettabile e dunque placare la propria insicurezza.

In questi disturbi di personalità si evince come l’insicurezza patologica scaturisca da qualcosa di molto profondo, ossia da un sé inaccettabile. Ben più gravi di coloro che cercano di affrontare le proprie insicurezze patologiche su un piano mentale, sono coloro che le insicurezze patologiche le concretizzano su un piano corporeo. Ossia coloro che anziché avviare un processo di accettazione di sé, dei propri difetti e delle proprie emozioni e pensieri, si convincono, attraverso uno spostamento delle proprie angosce, che il problema della loro vita sono i difetti corporei, come un naso troppo grande o dei muscoli troppo piccoli. La modificazione di quella parte del corpo, per loro, appare come l’unica soluzione ai loro problemi, nonostante, invece, una volta raggiunto il traguardo, sposteranno il problema in un’altra parte del proprio corpo, cercando di ambire ad una perfezione stereotipata che li possa privare di ogni aspetto di umanità e soggettività, in quanto, privandosi della propria soggettività, non saranno più vittime di giudizi esterni e quindi potranno accettarsi attraverso l’annullazione totale di sé. Tutto ciò viene definito psicosi.


Ovviamente anche in persone con un sé strutturato, l’insicurezza può generare un forte malessere interno. Ciò avviene perché si è abituati ad ambire al proprio sé ideale, ossia a chi si vorrebbe essere o a chi ci hanno fatto credere che noi potremmo essere. Emerge la convinzione che, fin quando non saremo come il nostro sé ideale non potremo mai essere sicuri di noi stessi, ossia padroni della nostra vita. In realtà il procedimento è inverso, non dovremmo cercare di tendere verso un sé ideale che si allontana come l’asino che cerca di mangiare la carota attaccata al bastone, bensì dovremmo iniziare ad amare ogni piccola parte di noi, le nostre emozioni e i nostri pensieri, ma soprattutto i nostri difetti e i nostri vizi, perché nonostante siano sgradevoli, sono anch’essi funzionali a qualcosa in quel momento, e dunque preziosi per la nostra vita. La vera sicurezza non è tenere la testa alta e urlare a gran voce cosa si pensa, bensì accettare sé stessi in ogni momento della nostra vita, anche quando l’insicurezza sana ci permetterà di cambiare, in questo caso, in meglio.




Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti (+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com


Per Approfondire:


Miceli M. (1998) L'autostima. Bologna: Il Mulino


Giusti E. (1995) Autostima. Psicologia della sicurezza di sé. Sovera editore


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